martedì 15 marzo 2011

NUOVI SENTIERI NATURA - BIKING



1. BIKING NATURA
Aspettando la volata
Lungo le aree umide del Sulcis dove i gregari hanno le ali



Punto di partenza: Calasetta Tappe intermedie: Cussorgia, Sant’Antioco, Porto Botte Punto di arrivo: Porto Pino (Sant’Anna Arresi) Difficoltà: bassa Altitudine: 0 – 110 m s.l.m. Lunghezza: 44,9 km Tempo di percorrenza: 8 ore circa

Calasetta al mattino profuma di pane fresco e focaccia appena sfornata, si sveglia accompagnata dal sorriso dei negozianti che sistemano i tavolini nella centrale Via Roma, con il chiacchiericcio dei gabbiani all’arrivo dei pescatori sul lungomare Cristoforo Colombo, dove già camminano le massaie che, con il loro portafogli in mano e la loro borsa intrecciata sotto il braccio, si recano al mercato per tornare a casa con dell’ottimo pesce fresco, che serviranno a pranzo. Calasetta al mattino profuma di serenità. E il suo buongiorno è il miglior modo per iniziare una bella pedalata lungo le aree umide del Sulcis Iglesiente.
Il percorso, interamente in pianura, attraversa i comuni di Calasetta, Sant’Antioco, San Giovanni Suergiu, Giba, Sant’Anna Arresi che, insieme ai comuni di Masainas, Portoscuso e Carloforte, inglobano gli oltre 2000 ettari di zone umide costiere del Sud Sardegna.
Un alternarsi di lagune, stagni, saline, paradisi e serbatoi di biodiversità e fonti di risorse rinnovabili, come sale, pesce e selvaggina, oggi meta di turismo naturalistico e educazione ambientale, ma anche laboratorio permanente di valorizzazione e conservazione per un nuovo e sostenibile sviluppo economico e sociale del territorio.
Lasciata Calasetta si percorre la strada che segue il lungomare e, passato il centro abitato di Cussorgia, si arriva dopo circa 8 km a Sant’Antioco, l’antica Sulki. La pedalata continua lungo l’istmo artificiale che collega l’isola alla Sardegna. A est ci sono i 600 ettari della laguna di Santa Caterina popolata da avocette e fenicotteri, tarabusino, nitticora e aironi rossi, e le saline di Sant’Antioco, montagne di cristalli di cloruro di sodio splendenti accanto ai rettangoli di acqua rosa in cui precipita il sale.
La tappa successiva sono le lagune di Porto Botte, una delle spiagge più praticate dagli amanti del bird-watching.
Qui i fenicotteri vengono ogni anno per nidificare, riposano eleganti con la loro maglia rosa specchiandosi tra le calme acque alla ricerca di facili prede.
Tra le altre specie ornitologiche presenti nella laguna del Golfo di Palmas – paradiso dell’avifauna adiacente alla salina di Sant’Antioco – e nelle altre aree umide del territorio ci sono anche il pollo sultano, il porciglione, il falco di palude e numerose specie di anatidi e limicoli.
Proseguendo lungo la strada provinciale 73 si arriva al centro abitato di Is Pillonis. Da qui, a sinistra si prosegue per Sant’Anna Arresi, a destra per Punta Menga e le celebri dune di Porto Pino: alte oltre 20 metri, di finissima sabbia abbagliante, finiscono in un mare cristallino pronto ad accogliere e rigenerare i ciclisti più accaldati.
Viste dal mare le dune, battute incessantemente dal libeccio e dal mestrale che creano il suggestivo effetto “polvere bianca”, regalano paesaggi sub sahariani difficilmente dimenticabili. Dietro, una distesa di pini di Aleppo – di qui il nome Porto Pino – impreziosisce il lungo tratto di calette, scogli e insenature rocciose. Un paesaggio dalle “suggestioni africane” lo ha definito Gavino Sanna, il più premiato pubblicitario italiano, “in una terra di una bellezza selvaggia, quasi
primordiale, fatta di colori accecanti e profumi forti”.
La spiaggia di Porto Pino si estende per 4 chilometri e per raggiungerla occorre pedalare tra gli stagni Maestrale e Is Brebeis, due grandi specchi d’acqua in cui vivono varie specie di uccelli: dai fenicotteri alle folaghe, dai cavalieri d’Italia agli aironi. Fino a qualche anno fa utilizzati principalmente come riserva ittica della zona, oggi i due stagni sono usati anche come vasche di prima evaporazione per le saline dell’isola di Sant’Antioco.
Una convivenza apparentemente non facile – quella tra sale e peschiere – ma che qui ha trovato un suo punto di incontro, generando nuovi modelli di sviluppo socio-economico delle aree umide.
La Peschiera di Porto Pino, la cui produzione per ettaro è di 34-40 kg all’anno, è oggi il regno di orate, spigole, saraghi, mormore, allevate in modo naturale, attraverso l’apertura di varchi che permettono alla marea di entrare e dare ossigeno all’acqua.
Gestita dalla Cooperativa pescatori di San Giuseppe, e situata all’inizio del canale che a Porto Pino collega la laguna al mare, è il luogo ideale per una sosta gustosa dove acquistare, tra l’altro, anche anguille, ghiozzi, capitoni, cefali e la saporita bottarga.
Con un fascino tipico delle aree lagunari, questo territorio si trasforma due volte all’anno, in autunno e in primavera, quando i due stagni diventano luogo di incontro di migliaia di uccelli migratori.
Attraversare di giorno la via del Mare che li divide, andando da Porto Pino a Sant’Anna Arresi, è uno spettacolo della natura: le ruote che corrono sull’acqua, il sole che si riverbera in mille riflessi, e i fenicotteri a fare da contrappunto rosa, pronti a tirare la volata al loro capitano.
2. BIKING NATURA
I falchi di San Pietro
Per i bikers più scatenati


Punto di Partenza: Carloforte Tappe intermedie: Punta delle Colonne, Oasi LIPU, Capo Sandalo, Cala Fico Punto di arrivo: Carloforte Difficoltà: media / alta Dislivello: 0-140 m s.l.m. Lunghezza: 35 km circa Tempo di percorrenza: 9 ore circa


La sveglia suona molto presto: il percorso è lungo, la sfida è grande. La frescura del mattino non lascia speranza a chi vorrebbe ancora sprofondare tra i cuscini, avvolgendosi tra le lenzuola che profumano di pulito. La finestra aperta, i primi raggi di sole che fanno capolino, la doccia, una colazione veloce sul lungomare di Carloforte, fuori gli occhiali e quindi via, affondando il pedale.
La strada per Punta delle Colonne costeggia il mare e attraversa le Saline di Carloforte. Si lascia la strada provinciale 103 per un facile sterrato di 70 metri che porta fino alla falesia della Punta ed eccole lì, le Colonne. Simbolo dell’isola, sono i mostri pietrificati da San Pietro per difendere i cittadini dai loro malefici. Alte circa 16 metri, questi faraglioni di ignimbrite riolitica sono stati generati dall’erosione marina selettiva che ha scomposto le bancate laviche originarie. Da qui si gode un panorama notevole sull’Isola di Sant’Antioco e il primo tuffo è nelle acque limpide della riparata spiaggia La Bobba.
Per raggiungere Capo Sandalo si prosegue lungo la provinciale 102. Il paesaggio è tipicamente agrario: case rurali trasformate in seconde case, una macchia di ginepri ed essenze. I profumi, in questo pezzo di isola, sono inebrianti.
Il faro si annuncia già da lontano mentre i Falchi della Regina sorvolano il territorio. È questo il loro regno. Nel 1400 la “giudichessa” sarda Eleonora d’Arborea dichiarò protetti tutti i falchi della Sardegna. Dal 1981 la LIPU ha istituito a San Pietro la sua Oasi. Oggi l’Isola è un’area d’importanza internazionale per la nidificazione degli uccelli marini del Mediterraneo e qui si trovano praticamente tutti gli esemplari del Falco di Eleonora presenti in Sardegna (forse 300 coppie). Inoltre è stato localizzato uno dei 57 biotopi di rilevante interesse indicati dalla Società Botanica Italiana.
Ogni estate circa 100 coppie di falchi arrivano dal Madagascar per nidificare nell’Oasi e dal mese di maggio le scogliere sono vivacizzate dal vociare, dai voli di corteggiamento, dalle picchiate sulle prede e dalle delicate fasi della riproduzione di questi splendidi rapaci. Ma si possono osservare anche altre specie, come il Gheppio, la Poiana ed il Falco pellegrino. L’Oasi si estende su una superficie di 236 ettari nella parte occidentale dell’isola con 6,6 Km di costa, da Cala Vinagra a Punta del Capodoglio, ma potrebbe essere estesa a tutta la falesia meridionale, per ampliare l’area di salvaguardia della fauna ornitica.
Per chi ha la fortuna di passare da queste parti, e per gli esperti e gli studiosi che qui continuano a fare ricerca, è evidente che le continue modificazioni geologiche e climatiche dell’isola hanno favorito la costituzione di un ambiente del tutto unico, caratterizzato da una varietà floristica e faunistica comprendente numerose specie che si trovano soltanto a San Pietro e che hanno portato alla classificazione della zona come “area di interesse internazionale”.
Pochi chilometri separano il centro visite dell’Oasi da Capo Sandalo e Cala Fico, ultima tappa di questo percorso prima del ritorno a Carloforte. Il silenzio della Cala ispira le migliori acrobazie. Un giro di emozioni e di libertà in sella: incoscienza, sport estremo, voglia di sfidare se stessi, il vuoto e l’immenso. Trails che liberano le più scatenate fantasie, dove non c’è niente di più bello che una baia in cui gli unici rumori provengono dallo scricchiolio delle gomme sulle pietre. Immersi nel blu, in questo angolo di Sulcis Iglesiente, i bikers più scatenati, che amano anche rilassarsi, si fanno un
regalo che non ha prezzo.

3. BIKING NATURA Nella valle delle fate
Sulle tracce di re Nur, che qui cercò la sua sposa.



Punto di partenza: Iglesias Tappe intermedie: Corongiu de Mari, S’Omu ‘e s’Orcu, grotta S. Giovanni, miniera Reigraxius, giardino Linasia, Punta San Michele, Diga Corsi Punto di arrivo: Iglesias Difficoltà: media Altitudine: 134-905 m s.l.m. Lunghezza: 46,3 km Tempo di percorrenza: 9 ore

Un giorno, un giovane re di nome Nur, discendente dalla stirpe del Sardus Pater, decise che era giunto il momento di prendere moglie. Poiché nella sua corte non vi era alcuna fanciulla che ritenesse degna di lui, si rivolse ai Giganti, tra i quali viveva Iddoca, una principessa famosa per essere dotata di una forza prodigiosa. “Se ti volessi come mia sposa, che cosa mi porteresti in dote?” le chiese Nur. “Porterei la mia forza” rispose Iddoca. Perplesso, Nur scosse la testa, e se ne andò. Si recò quindi nelle miniere del Sulcis, dove dimorava una Fata di nome Feliciana, dai lunghi capelli che parevano d’oro. Anche a lei il re pose la stessa domanda. “Se sarò regina” disse la fata “ricamerò per te un mantello con tutti i fiori del creato e da quel momento essi ti apparterranno...”.
Questo percorso, da fare in mountain bike insieme ad una guida esperta, ripercorre le tracce del giovane re alla ricerca della sua sposa e si snoda tra storia, archeologia, speleologia, geologia, miniere, botanica: tutto in un giorno, tutto su due ruote, tutto nel Sulcis Iglesiente.
La prima tappa si svolge nelle pendici meridionali del Marganai, bastionata calcarea dalla sagoma maestosa che domina la valle delle fate. Il paesaggio rurale alterna asfalto e sterrate sino a costeggiare il villaggio nuragico di S’Omu ‘e S’Orcu e la chiesa campestre di San Giovanni per concludersi oltre il monumentale traforo naturale della grotta di San Giovanni lungo circa 800 metri e tra i pochi al mondo ad essere percorso da una strada carrozzabile.
La seconda tappa è un’impegnativa ascesa alla scoperta della valle del rio S. Giovanni e dei ruderi minerari di Reigraxius e Mamenga, sino allo straordinario compendio forestale del Marganai e agli inusuali panorami visibili dai 910 metri di Punta San Michele.
La terza porzione prende avvio dalla stazione forestale di Marganai e dal giardino botanico di Linasia e si caratterizza per una divertente e veloce discesa su una facile sterrata che raggiunge la valle del rio Corongiu.
Il tratto finale si distingue con una strada asfaltata con traffico quasi nullo alla scoperta del lago Corsi, un invaso artificiale incastonato nel mezzo di sugherete e macchia mediterranea, sino ad una divertente discesa lungo i tornanti che conducono nella piazza dedicata a Quintino Sella, punto di ritrovo per eccellenza ad Iglesias.
E per i più curiosi, il finale della storia. Nur, non contento della risposta, continuò il suo peregrinare. Sentì le grida di una fanciulla, assalita da un brigante. Senza esitare sguainò la spada e si lanciò contro il malfattore, il quale fuggì. “Chi sei?” domandò Nur alla fanciulla, vestita di stracci. “Mi chiamo Lughia” rispose la giovinetta, sollevando il capo e fissando il re con gli occhi che rilucevano di stelle e bagliori d’argento. Nur ne rimase colpito. “Da dove vieni?” le chiese ancora. “Vengo dal paese di Nudda, il più piccolo e povero di tutta la Sardegna” rispose Lughia “così piccolo e povero che nessuno si ricorda mai dove sia”.
Incantato dalla sua bellezza, le pose la sua domanda. “Io non possiedo niente” rispose la fanciulla “l’unica cosa che ti potrei donare è il mio amore sincero”. Il re trovò di suo gradimento quella risposta e disse: “Sarai tu la mia regina”. Nur condusse Lughia al castello e dopo qualche giorno si celebrarono le loro nozze.

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